Speravamo tutti fosse un Natale diverso, sia per la pandemia che per gli acquisti

Lo shopping frenetico anche quest’anno prende il via nonostante le mascherine, la normalità ancora non torna e le lavoratrici e i lavoratori del commercio si trovano nuovamente costretti ad affrontare l’assalto all’ultimo regalo e alle spese alimentari, con l’aggravio del riacutizzarsi dell’emergenza sanitaria.

Le aperture straordinarie di dicembre non sono una novità, il 24 dicembre è ormai una consuetudine giustificata dall’esigenza di regali e cenoni, ma la deriva che porta tante catene del commercio ad alzare la saracinesca anche il 25 e il 26 dicembre, così come il Primo gennaio, è più difficile da comprendere. E i dipendenti del commercio, stremati dai turni dell’ultimo mese, vorrebbero davvero evitare di lavorare.

Tante riflessioni sulla sostenibilità sociale e ambientale hanno accompagnato la discussione in questi mesi di pandemia, ma ripartire in modo sostenibile non è la direttrice che sta seguendo il commercio: le parole d’ordine per le imprese sono ancora una volta solo consumismo e produttività.

“Ho un contratto part time di 25 ore settimanali e lavoro tutti i week end e i festivi nel turno pomeridiano fino alle 21”, Alice dipendente H&M dopo che ha avuto una bambina ha chiesto di poter ridurre il suo orario di lavoro. L’azienda ha accettato, da a tutti questa possibilità di scelta, ma solo includendo tutti i fine settimana e i festivi. Nessuna domenica libera durante tutto l’anno, solo due giorni infrasettimanali, mentre per i festivi dipende se è necessario.

“Non si tiene neanche conto – dice Alice – dei mesi in cui le vendite scendono in modo significativo. Siamo a Pistoia, dentro un centro commerciale e nonostante durante l’estate entrino pochissimi clienti, siamo comunque aperti. Poi, magari, il giorno stesso ti mandano a casa con Rol o permessi.” 

Anche la domenica e i festivi, in realtà, gli acquisti non sono molti, racconta Alice, nonostante possa sembrare che c’è un maggior afflusso di clientela, in realtà ci sono prevalentemente persone che passeggiano: “gli scontrini si fanno durante la settimana.”  

“Sono anni che è così, questa non è una vita.”

Dopo la fatica di due anni di pandemia in cui le lavoratrici e i lavoratori della grande distribuzione hanno garantito la spesa alimentare sfidando il Covid anche nelle fasi più critiche, Alice sperava di poter godere del riposo domenicale, ma così non è stato, “ma almeno che ci sia una turnazione che garantisca una parte delle domeniche libere dal lavoro a tutti.” Invece le imprese sempre più inseriscono l’obbligo nei contratti individuali e si rifiutano di contrattare con le organizzazioni sindacali.

Mediaworld a Genova, dove lavora Marco, è aperto tutti l’anno compresi il 25 dicembre e Primo Maggio. Lui è un part time verticale e lavora tutti i week end oltre il lunedì e il martedì in cui spesso ci coincide anche il festivo. Dichiara di far valere la volontarietà alla prestazione nelle giornate festive: “Quando mi chiedono di venire a lavorare nei festivi fuori dai miei obblighi contrattuali mi rifiuto”, infatti, numerose sentenze hanno sancito che il lavoro nelle festività nazionali non può essere obbligatorio. 

“Ormai lavorare domeniche e festivi è diventata la normalità, anche se in molti la vivono male. Quando abbiamo riaperto il sabato e la domenica dopo la pandemia, è stato un dramma. Anche perché in piena emergenza sanitaria riuscire a gestire l’afflusso e il rispetto delle normative non è facile.”

E se il lavoro domenicale può essere tollerato con un’equa turnazione e una maggiorazione della retribuzione, sui festivi in molti vorrebbero stare a casa e dedicare tempo alla propria vita personale.

Conciliazione dei tempi di vita con il lavoro, diritto al riposo, rispetto del valore delle festività civili e religiose, sono le priorità per le lavoratrici ed i lavoratori del commercio, che da anni chiedono una regolamentazione delle aperture per un modello di consumo e del sistema distributivo più equilibrato.  

La totale deregolamentazione che permette aperture h24 e 365 giorni l’anno introdotta dal governo Monti, su cui da subito la Filcams ha manifestato la propria contrarietà, è stata più volte al centro del dibattito parlamentare, ma la politica si è sempre rifiutata di affrontare il tema, i governi hanno sempre preferito la via liberista e i tentativi di intervenire sulla norma sono sempre stati abbandonati. 

Una dovuta e diversa regolamentazione delle aperture domenicali e festive demandata alle istituzioni locali sarebbe invece necessaria. Al pari il tema resta centrale nella contrattazione con le parti datoriali del settore: è importante spingere ancora per una programmazione dei turni di lavoro che garantisca una rotazione che liberi domeniche a tutti le persone che lavorano nel commercio e una maggiorazione sulla paga oraria che indennizzi adeguatamente il disagio nel caso di prestazione. 

La Filcams Cgil sta portando avanti da diversi anni questa battaglia e continuerà a farlo nonostante le tante difficoltà

Per Alice e Marco e per tutte le lavoratrici e i lavoratori del settore che continuano a rivendicare il diritto di poter godere dei giorni di riposo anche durante le domeniche e i festivi.